Perché battezziamo i figli dei credenti

Perché la vostra chiesa battezza i bambini?” Questa è una domanda che viene posta spesso dai visitatori di chiese Riformate e Presbiteriane. Poiché la prassi storica di battezzare i figli dei credenti è in gran parte un concetto estraneo alla maggioranza degli evangelici odierni, accettare questa dottrina può essere un arduo ostacolo per una famiglia che desideri unirsi ad una chiesa Riformata confessionale. I Cristiani che sono interessati alla teologia riformata e desiderano sinceramente essere membri nella chiesa di Cristo sono spesso scioccati quando scoprono che la chiesa Riformata a cui vogliono unirsi insegna e pratica il battesimo degli infanti.

Quindi, perché battezziamo i figli dei credenti? La risposta è semplice: noi battezziamo i figli dei credenti perché essi appartengono al patto e al popolo di Dio. Sebbene questa risposta sia semplice, tuttavia essa esige alcune spiegazioni. Spesse volte, un evangelico può giungere a convinzioni Calviniste riguardo alle dottrine della grazia (i cosiddetti “Cinque Punti del Calvinismo”, o TULIP), e nondimeno essere completamente ignaro dei fondamenti della teologia federale. Di conseguenza, la dottrina del battesimo degli infanti gli sembra strana e aliena. Abituato a cercare “testi-prova” nella Bibbia, egli investiga le Scritture cercando un versetto che esplicitamente prescriva la pratica del battesimo infantile. Non trovandone, è restio ad accettare tale pratica, sospettando che le chiese Riformate e Presbiteriane battezzino i figli dei credenti più per tradizione e sentimentalismo che per alcuna seria convinzione biblica. Quello che deve ancora comprendere, tuttavia, è che la nostra pratica del battesimo (sia per gli adulti, sia per i loro figli) proviene in modo naturale dalla nostra teologia della chiesa. Questo include una comprensione del patto che Dio ha fatto con il Suo popolo. Di conseguenza, la domanda “Perché la vostra chiesa battezza gli infanti?” richiede una risposta più complessa di quella che molti sono preparati a ricevere.

Da dove quindi dovremmo cominciare? Innumerevoli e utili libri e articoli sono stati scritti sull’argomento del battesimo infantile che la persona che sta combattendo con questa dottrina dovrebbe consultare. Probabilmente, la risposta più concisa si trova nel Catechismo di Heidelberg. Dopo le cinque domande e risposte che trattano del sacramento del battesimo in generale (dd. 69-73), esso include una domanda e risposta sul battesimo infantile in particolare.

La Domanda e Risposta 74 (da qui in poi CH 74) afferma:

D. Si devono battezzare anche i bambini?

R. Sì, perché essi come i loro genitori appartengono al patto e al popolo di Dio e a loro, non meno che ai loro genitori, sono promessi, mediante il sangue di Cristo, la redenzione dai peccati e lo Spirito Santo che comunica la fede; così, mediante il Battesimo, in quanto segno del patto, essi sono incorporati nella chiesa cristiana e sono distinti dai figli degli increduli, come avveniva nell’Antico Testamento per mezzo della circoncisione, al posto della quale nel Nuovo Testamento è istituito il Battesimo.

Poiché questa non è solo una chiare e semplice spiegazione del battesimo infantile, ma anche una spiegazione confessionale della dottrina, CH 74 funge da modello pronto e facile da ricordare per sostenere il battesimo degli infanti, che può essere sviluppato e illustrato ulteriormente con i seguenti punti:

  1. Esiste un solo patto e un solo popolo di Dio;

  2. Nel patto con Abraamo, Dio includeva i bambini nella sua chiesa;

  3. Nel nuovo patto, Dio include ancora i bambini nella sua chiesa;

  4. C’è una promessa fatta nel battesimo a cui dobbiamo credere.


1. ESISTONO UN SOLO PATTO E UN SOLO POPOLO DI DIO

Qui è dove dobbiamo cominciare. CH 74 afferma che i figli dei credenti, “come i lori genitori appartengono al patto e al popolo di Dio“. Dovremmo domandarci, tuttavia, a quale patto sta facendo riferimento il catechismo? Inoltre, che cos’è un patto in primo luogo? Michael Horton ha sintetizzato molto bene il patto dicendo:

Un patto è una relazione di “promesse solenni e vincoli” e non implica necessariamente impegno uguale da entrambe le parti… Alcuni patti biblici sono comandamenti e promesse imposti unilateralmente; altri sono stabiliti congiuntamente. Alcuni sono condizionali e altri sono incondizionali. [1]

È importante che i Cristiani comprendano il concetto di patto perché esso costituisce la struttura organizzativa delle Scritture. L’intera Bibbia, in ultima istanza, riguarda una sola cosa: Dio che redime per se stesso un popolo per mezzo di Gesù Cristo. E quel messaggio si svolge attraverso patti lungo la storia redentiva. Anche se la Bibbia riporta di molti patti diversi, di varia natura e scopi, esiste tuttavia un solo patto in cui i benefici della redenzione sono comunicati al popolo di Dio, un patto che giustamente chiamiamo il “Patto di Grazia”.

Il Patto di Grazia fu promesso per la prima volta in Genesi 3:15, dopo che Adamo ed Eva furono cacciati dal Giardino sacro e maledetti per aver peccato contro Dio. Adamo infranse il precedente patto nel quale Dio lo aveva posto (il Patto d’Opere), non riuscendo a soddisfarne i requisiti d’obbedienza e quindi ereditandone le maledizioni (morte spirituale e fisica) invece delle benedizioni (vita eterna e glorificata). Adamo, tuttavia, non portò queste maledizioni del patto solo su se stesso. Invece, egli le portò su tutta la razza umana, in quanto capo federale e rappresentativo nel Giardino. Poiché Adamo violò questo patto, l’accesso all’albero della vita fu interdetto all’uomo peccatore e protetto da un poderoso cherubino con una spada fiammeggiante. L’umanità, dunque, necessita di un altro capo federale, un Secondo Adamo, colui che aprirà la via e ci condurrà all’albero della vita, così che potremo godere della comunione con Dio nostro Creatore e della gloria del Giorno del Riposo eterno per il quale siamo stati creati. Questo è il contesto in cui il Patto di Grazia fu promesso per la prima volta. Dio pose inimicizia tra il seme del serpente e il seme della donna, promettendo che la discendenza futura avrebbe schiacciato il capo del serpente (Gen. 3:15).

Questa promessa della progenie si sviluppa attraverso la storia della redenzione man mano che la Bibbia traccia la genealogia del popolo redento di Dio da Seth a Abraamo. Quando Abraamo entra in scena, la storia rallenta. Egli è uno dei personaggi principali nella storia della redenzione in quanto Dio fa un importante patto con lui come riportato in Genesi 15, uno dei capitoli più importanti della Bibbia. In quel capitolo, leggiamo di come Dio prometta ad Abraamo (allora ancora chiamato Abramo) almeno due benedizioni estremamente importanti: una discendenza numerosa come le stelle nel cielo, e una terra nella quale la sua discendenza avrebbe abitato. Dio quindi suggella queste promesse con un solenne rituale d’alleanza nel quale vengono uccisi degli animali.

Al tempo di Abraamo, era comune che due re o signori facessero un’alleanza comune nella quale si prendevano impegni solenni, si spiegavano le condizioni e si promettevano le sanzioni (benedizione per l’obbedienza al patto, maledizione per la disobbedienza). La parte inferiore nel patto, nota come il vassallo, avrebbe poi fatto un giuramento di sangue, come quello descritto in Genesi 15. Sarebbero stati uccisi degli animali e talvolta tagliati in due. Il re vassallo avrebbe fatto un giuramento e avrebbe camminato tra le parti degli animali o compiuto qualche altro tipo di rituale nel quale avrebbero promesso di osservare le condizioni del patto. Passare attraverso le carcasse tagliate significava camminare nella valle dell’ombra della morte. La persona che faceva giuramento si poneva al servizio della parte superiore, nota come suzerain, e prometteva che se avesse violato il patto, sarebbe andato incontro alla medesima sorte degli animali tagliati.

Abraamo comprese completamente questo rituale in quanto quello era la maniera in cui i patti spesso venivano ratificati e resi ufficiali ai suoi giorni. Ma quello che è veramente stupefacente di questo particolare giuramento di sangue in Genesi 15 è che Dio stesso camminò tra le parti di animali tagliate. Il re suzerain, non il vassallo, prese l’impegno solenne. La presenza di Dio era manifestata dal fuoco fumante e dalla torcia infuocata che passavano in mezzo alle carcasse. Una nuvola di fumo che saliva dal fuoco e la fiamma della torcia erano forme simboliche della presenza del Signore, simili alla nuvole e alla colonna di fuoco che Egli usò durante l’esodo. Questo patto fu tutto fondato tutto sulla grazia e sulla promessa, un dono reale da parte del re suzerain. Il Signore prese un impegno di maledire se stesso e invocò il sangue e la morte su se stesso se non avesse mantenuto la promessa. Tutto questo patto fu un dono reale di Dio ad Abraamo e alla sua discendenza.

Man mano che la Bibbia svela il grande piano di Dio di redimere un popolo per se stesso, vediamo l’adempimento delle promesse fatte ad Abraamo realizzarsi su due livelli. Su un primo livello, osserviamo l’adempimento di queste promesse (sia della discendenza che della terra) nella nazione d’Israele. Dio diede ad Abraamo e Saara un figlio, ossia Isacco. E da Isacco venne Giacobbe, e da Giacobbe vennero i suoi dodici figli che furono i padri delle dodici tribù d’Israele. Nel progredire della storia, vediamo che questi discendenti di Abraamo vanno tutti in Egitto dove continuano a moltiplicarsi generazione dopo generazione. Infatti, il libro dell’Esodo si apre raccontandoci di come il popolo d’Israele s’ingrandì molto e divenne oltremodo forte, così forte che la terra d’Egitto era piena di loro e causando al Faraone un gran timore. Così imponente era il numero degli Israeliti che Mosè ricordò loro la promessa di Dio adempiuta: “L’Eterno, il vostro DIO, vi ha moltiplicati, ed eccovi oggi numerosi come le stelle del cielo.” (Deu. 1:10). La promessa di Dio di dare ad Abraamo una discendenza numerosa come le stelle si era avverata.

Allo stesso modo, la promessa di Dio riguardante la terra fu adempiuta quando ad Israele fu data Canaan in eredità. Sotto la guida di Giosuè, Israele purificò la terra promessa scacciandone i pagani e prese possesso di ciò che Dio aveva promesso. Leggiamo in Giosuè 21:43-45:

«Così l’Eterno diede a Israele tutto il paese che aveva giurato di dare ai loro padri, e i figli d’Israele ne presero possesso e vi abitarono. L’Eterno diede loro riposo tutt’intorno, come aveva giurato ai loro padri; nessuno di tutti i loro nemici potè loro resistere; l’Eterno diede tutti i loro nemici nelle loro mani. Non cadde a terra una sola di tutte le buone parole che l’Eterno aveva detto alla casa d’Israele; si avverarono tutte quante».

Per quanto meraviglioso fu l’adempimento di queste promesse, tuttavia esso fu solo il primo livello di adempimento. Il patto di Dio con Abraamo era molto più profondo di ciò che avvenne nei tipi e nelle ombre della nazione d’Israele. C’è un adempimento rivelato nelle pagine del Nuovo Testamento che è ben maggiore e più meraviglioso.

In Galati capitolo 3, nel mezzo del suo argomento contro i Giudaizzanti che la salvezza non è per le opere della legge, ma per sola grazia, attraverso la sola fede, in virtù di Cristo soltanto, Paolo mostra con cura in che modo uno diviene un vero discendente di Abraamo. Nei versi 7-9, egli dice:

«Sappiate pure che coloro che sono dalla fede sono figli di Abrahamo. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede, diede prima ad Abrahamo una buona notizia: «Tutte le nazioni saranno benedette in te». Perciò coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo».

La giustificazione avviene nel medesimo modo per gente di ogni lingua, nazione e tribù, così come avvenne per Abraamo, ovvero, per sola fede. La promessa giunge a tutta la terra per quello che Paolo dice nel v. 16:

«Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo».

Paolo usa un gioco di parole per trarre un’importante conclusione: Cristo è la discendenza di Abraamo, attraverso il quale tutte le promesse giungono a noi che crediamo. Neanche la legge che fu data 430 anni dopo per mezzo di Mosè poté annullare il patto precedentemente stabilito con Abraamo e ratificato con il sangue (vedi Galati 3:17). La promessa è adempiuta in Cristo così che come dice Paolo al v. 29, «Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa». Il messaggio è chiaro: il gran numero promesso ad Abraamo fu solo adombrato nella nazione d’Israele. Ma non tutta l’Israele nazionale è la vera Israele. Coloro che veramente suoi sono quelli che, come Abraamo stesso, sono giustificati per sola fede.

Ma che dire della promessa della terra? In che modo essa è adempiuta ad un livello maggiore? Nuovamente, il Nuovo Testamento ci rivela una realtà che è più densa del tipo ed ombra dell’Antico Testamento. Vediamo cosa ci dice Ebrei 11:

«Per fede Abrahamo, quando fu chiamato, ubbidì per andarsene verso il luogo che doveva ricevere in eredità; e partì non sapendo dove andava. Per fede Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero, abitando in tende con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio… Tutti costoro sono morti nella fede, senza aver ricevuto le cose promesse ma, vedutele da lontano, essi ne furono persuasi e le accolsero con gioia, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra. Coloro infatti che dicono tali cose dimostrano che cercano una patria. E se avessero veramente avuto in mente quella da cui erano usciti, avrebbero avuto il tempo per ritornarvi. Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, perché ha preparato loro una città» (Ebrei 11:8-10, 13-16).

La terra promessa di Canaan era temporanea, non permanente. Ciò che è permanente, tuttavia, è la terra promessa che ancora ci attende, una terra che è infinitamente maggiore di qualunque proprietà in quest’epoca presente. Ciò che ci attende è il nuovo cielo e la nuova terra. Anche se la nazione d’Israele ricevette una buona terra, alla fine essa divenne corrotta, contaminata, e perse importanza. La grande terra promessa, invece, è un’eredità che Pietro chiama “incorruttibile, incontaminata, inalterabile, conservata in cielo per voi.” (1 Pietro 1:4). E come il nostro padre Abrahamo, guardiamo innanzi, verso questa eredità con speranza.

Che cosa ci indica tutto questo? Esso ci indica che c’è un piano di salvezza per il popolo di Dio, che la Bibbia descrive come il seme o i figli di Abramo (Gal 3:29). Non c’è un altro modo per essere un figlio di Dio e per essere incluso nel patto di Abramo. Così, quando i Riformati parlano di “patto”, stiamo parlando di un patto di grazia che va dalla sua progenie promessa in Genesi 3:15, che fu ampliato nel dettaglio ad Abramo in Genesi 15, adempiuto in Cristo, e che continua nel tempo fino al compimento. Chiunque sia stato o sarà salvato – in ogni periodo della storia umana – è membro di questo patto di grazia. La salvezza è sempre la stessa: per sola grazia, mediante la sola fede per l’unico Mediatore dell’unico patto, il Signore Gesù Cristo.

2. NEL PATTO CON ABRAAMO, DIO HA INCLUSO I BAMBINI NELLA SUA CHIESA VISIBILE

Dopo aver esaminato brevemente il patto di grazia nella storia della redenzione, ora dobbiamo porci la domanda: se i credenti partecipano al patto e popolo di Dio, quale è lo status dei loro figli? L’Antico Testamento rivela che Dio non solo ha permesso ai figli dei credenti di essere inseriti nel suo patto di persone visibili, ma anzi, che egli ha comandato loro che ciò avvenga così. In Genesi 17 leggiamo di Dio che ricorda ad Abramo le promesse fatte nel suo patto, che sono state estese anche alla sua progenie:

«Ti farò moltiplicare grandemente, ti farò divenire nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perenne; e sarò loro Dio».

Dio allora ordinò che fosse dato ad Abramo e alla sua discendenza un segno del patto. Quel segno pattizio era la circoncisione. In vv.9-14, si legge:

«Poi Dio disse ad Abraamo: Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso. Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi. All’età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza. Quello nato in casa tua e quello comprato con denaro dovrà essere circonciso; il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne. L’incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto».

La circoncisione era un “segno del patto.” Il sanguinoso rituale del tagliare la carne dell’organo riproduttivo maschile rappresenta l’alleanza che Dio fece con Abramo e i suoi discendenti quando egli camminò tra le due metà degli animali sanguinanti. Questa non era una semplice formalità; essere circonciso significava ricevere un segno dal profondo significato spirituale. Era un segno scolpito nella carne come un ricordo costante delle promesse di Dio ad Abramo e ad i suoi discendenti.

Ma questo segno serviva anche come l’atto ufficiale di consacrazione che sanciva l’ingresso di un individuo come membro nella comunità del patto. Ogni maschio nella famiglia di Abramo – figli o servi, così come anche tutti i maschi presenti nella comunità del patto da quel momento in poi, – dovevano ricevere questo segno nella loro carne se volevano essere identificati con il popolo del patto di Dio. Al contrario, chiunque respingeva il segno del patto doveva essere tagliato fuori dalla comunità dell’alleanza. Rifiutare il segno del patto significava respingere le promesse di Dio fatte nel patto. In ultima analisi, era come respingere la comunione con il Dio che aveva camminato tra le due metà degli animali divisi e che aveva fatto un giuramento al suo popolo.

3. NEL NUOVO PATTO, DIO INCLUDE ANCORA I BAMBINI NELLA SUA CHIESA VISIBILE

Si noti che il Catechismo di Heidelberg 74 afferma che i figli dei credenti “mediante il Battesimo, in quanto il segno del Patto, debbono essere incorporati nella Chiesa Cristiana e venire distinti dai figlioli degli increduli, il che avveniva nell’Antico Testamento per mezzo della circoncisione, in luogo della quale nel Nuovo Patto è istituito il Battesimo.” Il segno del patto che viene amministrato al momento dell’ingresso nella chiesa visibile non è più la circoncisione, ma il battesimo (Col 2,11-12). Come la circoncisione un tempo, il battesimo diviene ora il segno esteriore e il sigillo della promessa del patto di Dio, che segna l’appartenenza di un individuo al popolo del patto di Dio. Come per la circoncisione, il battesimo è per il credente e i suoi figli.

Naturalmente, i Battisti (ovvero tutti coloro che credono esclusivamente nel battesimo amministrato ai soli adulti), spesso sostengono che i figli dei credenti non debbano essere battezzati fintanto che non siano in grado di fare una credibile professione di fede, perché il Nuovo Testamento non dà mai un comando esplicito o un esempio a favore del battesimo degli infanti. Proprio per questo noi dobbiamo invece chiederci, dove nel Nuovo Testamento troviamo un esempio o un comando che faccia escludere i figli dei credenti dalla Chiesa visibile?

Difendendo la dottrina del battesimo degli infanti ai suoi tempi, il grande teologo di Princeton B.B. Warfield dichiarò nel più semplice dei termini quando affermò che:

“L’argomento [del battesimo degli infanti] in poche parole è semplicemente questo: Dio ha stabilito la sua chiesa nei giorni di Abramo e ha incluso i bambini in essa. Essi devono rimanervi fino a quando Egli non li pone fuori. Egli non li ha mai e da nessuna parte messi fuori. Dunque essi sono ancora membri della sua chiesa e come tali hanno diritto alle sue ordinanze” [2]

Chiaramente, non esiste nessun comando per escludere i figli dei credenti dal suo patto. Al contrario, troviamo che Gesù dice:

«Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché di questi è il regno dei cieli» (Mt 19,14).

Ancora più importante, però, è la tendenza evidente nel Nuovo Testamento di includere persone che in precedenza erano escluse dalla chiesa. Il più grande esempio di questo, naturalmente, è il vangelo rivolto ai Gentili. Le persone che non erano della famiglia fisica di Abramo e furono un tempo “separati da Cristo, alienati dalla cittadinanza d’Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo” (Ef 2,12) non sono più “né stranieri né ospiti, ma … sono concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio” (Ef 2,19). Vediamo anche questo nel caso del segno iniziatico del patto, il battesimo, che viene ad essere applicato alle donne così come agli uomini (At 8,12), in contrasto con la circoncisione, che era solo per i maschi. Così, Paolo dice: “non c’è né Ebreo né Greco … non c’è né maschio né femmina, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Mentre c’è ancora una distinzione tra uomini e donne per quanto riguarda i loro ruoli assegnati nella famiglia e nella Chiesa, il battesimo dimostra che gli uomini e le donne sono uguali in termini di valore personale e in riguardo a Dio perché entrambi sono creati a Sua immagine (Gen 1: 26-28). Le donne cristiane, di conseguenza, non sono relegate a pregare in un cortile separato come avveniva nel tempio di Gerusalemme, ma nella congregazione al fianco degli uomini.

Considerando queste cose, che Dio arriva a includere i Gentili nel suo popolo del patto e le donne con una maggiore pienezza estendendo per loro anche il segno del patto nello stesso identico modo come per i maschi, crediamo veramente che Egli possa invece prendere una direzione opposta per quanto riguarda i figli dei credenti? Mentre Dio estende la sua grazia più abbondante nella Nuova Alleanza includendo quelli che una volta ne erano esclusi, perché dovrebbe poi escludere i bambini che una volta erano inclusi? Infatti, i genitori ebrei del primo secolo che furono convertiti al cristianesimo sarebbero stati inorriditi alla sola proposta che i loro figli sarebbero rimasti al di fuori dal Patto di Grazia. Come Robert Strimple ha abilmente sostenuto, se gli apostoli avessero mai fatto una tale proposta, la risposta dei genitori ebrei sarebbe chiaramente stata, “Pensavamo che voi ci stavate portando delle buone notizie!”

Ma gli apostoli hanno veramente portato una buona notizia per i genitori del patto! Predicando nel giorno di Pentecoste, Pietro proclamò il Vangelo ad un vasto pubblico di ebrei e gentili e invitò loro a pentirsi e ad essere battezzati nel nome di Gesù. “Perché la promessa“, disse Pietro, “è per voi e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà” (At 2,39).

Coloro che sono “lontani” sono i Gentili, ora inclusi nel patto di Dio. Ma notate che Pietro sottolinea in particolare che la promessa è anche “per i vostri figli.” I figli dei credenti non sono esclusi dall’essere membri della comunità del patto di Dio, ma sono inclusi, proprio come lo erano fin dall’inizio.

Per questo motivo, Paolo si rivolge ai figli dei credenti come membri del Patto di Grazia: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore” (Ef 6,1). Egli ricorda loro anche il Quinto Comandamento nel versetto successivo, mostrando che i bambini del Nuovo Patto hanno le stesse responsabilità e privilegi dei figli dell’Antico Patto. Essi devono essere allevati come discepoli di Cristo: “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Ef 6,4; cfr Dt 6,4-9). Chiaramente, questi bambini sono considerati membri della chiesa visibile non meno di quanto lo fossero nell’Antico Patto. In quanto tali, essi dovrebbero ricevere il segno dell’alleanza ed essere battezzati.

4. NEL BATTESIMO C’È UNA PROMESSA A CUI SI DEVE CREDERE

La promessa a cui Pietro fa riferimento nel suo sermone di Pentecoste è menzionata nel Catechismo di Heidelberg, domanda 74: “entrambi, la redenzione dai peccati e lo Spirito Santo, che opera la fede, attraverso il sangue di Cristo sono promessi ai [figli dei credenti] non meno che ai loro genitori.” I Battisti, però, sentendo un linguaggio come questo, spesso presuppongono che le chiese Riformate credano che ogni bambino battezzato ha la garanzia di essere uno degli eletti. “Se questo è vero,” concludono i Battisti, “allora che cosa dobbiamo dire di quei casi in cui un bambino battezzato non persevera nella fede? Se Dio ha fatto una promessa al bambino nel battesimo, ma il bambino apostaterà da adulto, che cosa ne sarà stato della promessa di Dio? Ha egli fatto fallire la Sua promessa?”

Purtroppo, ci sono alcuni ambienti Riformati che hanno contribuito a questo equivoco, parlando di ogni singolo battezzato nella chiesa, uno per uno, come di un vero eletto intimamente unito a Cristo. [3] Ma si deve comprendere che l’appartenenza alla comunità visibile del patto di Dio non garantisce l’appartenenza al popolo eletto di Dio. Questo è il punto sostenuto da Paolo in Romani 9 quando difende la fedeltà della promessa di Dio ad Abramo: “Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i discendenti d’Israele sono Israele” (Rm 9,6). In altre parole, non tutti i membri della chiesa visibile appartengono alla chiesa invisibile. Questo è il motivo per cui la Bibbia parla spesso di un’altra circoncisione, la circoncisione del cuore (Dt 10,16; 30,6; Ger 4,4; 9,25-26; At 7,51; Rm 2,28-29). Anche se è stato consacrato al Signore, come un membro del popolo del patto di Dio, il maschio israelita era ancora responsabile di credere alle promesse di cui la sua circoncisione era il segno, sebbene il segno in sé (la circoncisione) non divenne mai la cosa da esso significata (le promesse di Dio).

Sebbene la chiesa visibile non sia più identificata con la nazione geo-politica di Israele, tuttavia essa contiene ancora una mescolanza di entrambe le discendenze di Giacobbe e di Esaù, vale a dire, i veri credenti e gli ipocriti. Come per Esaù, è però ancora possibile far parte esternamente del patto senza che si possa essere veramente uniti a Cristo mediante la fede. Questo è il motivo per cui lo scrittore agli Ebrei include molti avvertimenti nella sua lettera sulla necessità della vera fede; non vuole che i suoi lettori facciano affidamento esclusivamente nella loro appartenenza alla chiesa visibile. Nei passi 3,7-4,11, egli ricorda loro tutti gli Israeliti che caddero morti nel deserto; anche se loro appartenevano alla comunità del patto visibile, pur avendo ascoltato il Vangelo, non avevano però risposto ad esso con la vera fede. Di conseguenza, essi non sono entrati nella Terra Promessa. Lo scrittore usa deliberatamente questo come un avvertimento agli eredi del Nuovo Testamento dello stesso patto di grazia: “Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo, che vi allontani dal Dio vivente” (3.12). Come la circoncisione era necessaria per l’ingresso nella chiesa visibile nell’Antico Patto, così anche il battesimo è necessario per l’ingresso nella chiesa visibile nel Nuovo Patto. Ma ogni membro battezzato ha ancora la responsabilità di abbracciare con una vera fede la promessa fatta a lui nel suo battesimo, senza la quale egli non entrerà nel Riposo Sabbatico eterno.

Per questo motivo, i genitori devono aver cura di catechizzare, pregare per i propri figli ed educarli nella disciplina del Signore. Esso è il motivo per cui ci è richiesto di prendere i voti alla fonte battesimale, promettendo di adoperarci al meglio delle nostre possibilità, per insegnare e fare che venga insegnata ai nostri figli la dottrina della salvezza. I bambini battezzati non devono crescere soltanto con la consapevolezza che sono stati “innestati nella Chiesa Cristiana e distinti dai figli dei non credenti” (HC74), ma bisogna – alla luce del loro battesimo – che siano loro poste le domande: credete nel vangelo?

Avete fiducia che soltanto il sangue di Cristo lava via i vostri peccati, cosi come chiaramente si vede l’acqua lavar via lo sporco dal corpo? Credete quale è il significato nel vostro battesimo?

Se il figlio rifiuta il Vangelo, allora le acque del battesimo non sono per lui un segno di benedizione, ma un segno di giudizio. Come l’israelita non credente la cui circoncisione simboleggiava la maledizione di essere “tagliati fuori” dalla grazia di Dio, il bambino del Nuovo Patto che rifiuta il significato spirituale racchiuso nel suo battesimo, diventerà come quei non credenti che sono morti nel Diluvio del giudizio di Dio, mentre Noè e la sua famiglia furono portati al sicuro attraverso di esso (1 Pt 3,20-22). D’altra parte, il bambino del patto che crede nel Vangelo con vera fede è in grado di vedere nel suo battesimo la promessa di Dio e il segno che ci dà la garanzia che “siamo lavati spiritualmente dai nostri peccati tanto realmente quanto il nostro corpo è lavato con l’acqua.” (CH73).

ALCUNE DOMANDE FREQUENTI:

Un bambino viene salvato come conseguenza del battesimo?

No. La salvezza è sempre per sola grazia, per mezzo della sola fede, per il solo merito di Cristo (Efe. 2:8, 9). La fede, e non il battesimo, è lo strumento con cui la rettitudine di Cristo è ricevuta ed imputata al peccatore. Il battesimo, tuttavia, è un sacramento d’inclusione nel patto di grazia con cui Dio promette la salvezza a coloro che credono. È il sigillo del patto che, per chi crede, funge da pegno e segno che lo Spirito Santo usa per dare al peccatore una maggiore sicurezza di fede.

Ma un bambino battezzato da piccolo non crescerà con un falso senso di sicurezza?

No, se al bambino viene insegnato a rivolgersi e confidare solo nell’opera completata da Gesù Cristo. Un bambino deve essere educato affinché capisca di essere salvato solo grazie alla vita d’obbedienza, la morte di redenzione e gloriosa risurrezione del suo Salvatore. Il battesimo è testimonianza di questo, e dà al figlio del patto un bel simbolo che rappresenta chiaramente il sangue di Cristo che lava via i nostri peccati. In questo modo, il battesimo magnifica la grazia di Dio e dichiara più pienamente la promessa del Vangelo.

Se però richiediamo ai bambini una professione di fede prima che siano ammessi alla tavola del Signore, questo non priva il loro battesimo di significato fino a quando non credono?

Niente affatto, perché il battesimo include i figli dei credenti nel patto di grazia e nella chiesa visibile. È in questo contesto che i piccoli fanciulli crescono sotto la predicazione della Parola di Dio, la benedizione del culto pubblico e la catechesi nella dottrina cristiana.

Perché non possiamo fare una semplice dedicazione come si fa in molte altre chiese?

Prima di tutto, la dedicazione degli infanti è molto più difficile da sostenere dal Nuovo Testamento rispetto al battesimo degli infanti. Le dedicazioni che troviamo nella Scrittura si riferiscono a situazioni uniche, come il voto di Nazireato, che non sostituivano in alcun modo il segno del patto della circoncisione (Numeri 6:1-21; Giudici 13:3-5; 1 Samuele 1:11; Luca 1:13-17. Ma, cosa ancor più importante, la dedicazione dell’infante difetta di due elementi importanti che sono presenti nel battesimo infantile: primo, il bambino viene separato come membro della chiesa visibile per mezzo del segno e sigillo del patto. Secondo, ad esso è annessa la promessa di Dio. Mentre la dedicazione degli infanti riguarda principalmente ciò che noi facciamo come genitori, il battesimo infantile incoraggia i nostri bambini a confidare nell’opera di Cristo simboleggiando visivamente la sua opera di purificazione dai peccati per mezzo del suo sangue.







[1] Michael Horton, God of Promise: Introducing Covenant Theology (Grand Rapids: Baker, 2006), p.10. Questo libro è una trattazione eccellente del vasto soggetto della teologia del Patto e dovrebbe essere uno strumento utile di studio per gli anziani.
[2] Benjamin Breckinridge Warfield, “The Polemics of Infant Baptism,” in Studies in Theology (1932; reprint, Grand Rapids: Baker, 1981), 9.408

Tratto da: Michael Brown, Called to Serve, Essays for Elders and Deacons, Reformed Fellowship, Inc., 2012



Michael Brown

Rev. Michael Brown è il pastore della Chiesa Riformata Filadelfia e Ministro della Parola e dei Sacramenti dalle United Reformed Churches of North America (URCNA). È l’autore di molti articoli e diversi libri, tra cui Il vincolo sacro: Introduzione alla teologia del patto (2012), Christ and the Condition: The Covenant Theology of Samuel Petto (2012) e 2 Timothy: commentario espositivo sul Nuovo Testamento (2022).

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Che cos’è la teologia del patto?